Aprile 1975, quaranta anni fa: su una delle più popolari e storiche riviste manga giapponesi, Nakayoshi nelle edicole del sol levante dal 1954, fu pubblicata per la prima volta la storia di un nuovo personaggio che sarebbe diventato in capo a pochi anni uno dei volti simbolo dei cartoni animati giapponesi che invasero letteralmente il mondo nei primi anni ’80. Si trattava di Candy Candy, la popolarissima ragazza dalle fattezze occidentali e dalla inconfondibile chioma bionda che divenne un cult per milioni di teenagers prima di sparire definitivamente dagli schermi nel 1997 a causa di una ben poco edificante questione legale che opponeva, per il possesso dei diritti, le sue due autrici, la scrittrice Kyoko Mizuky autrice del libro da cui le storie erano tratte, e Yumiko Igarashi che da quello trasse l’ispirazione trasformandolo in un fumetto. Forse non immaginando il successo che avrebbe riscosso.
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La poco edificante vicenda legale fra la Mizuky e la Igarashi ha fatto sparire dagli schermi televisivi Candy Candy, che infatti è uno dei pochi manga giapponesi “storici” per i quali è impossibile trovare oggi, nell’universo dei canali satellitari e non, una replica. Circostanza che se ne ha fatto perdere la memoria ai più giovani, ha acuito l’alone “leggendario” di qual cartone che presentava, nel perfetto stile del filone manga shojo di cui faceva parte, una eroina emancipata ed indipendente, dall’approccio alla vita profondamente diverso rispetto al cliché femminile giapponese, non a caso nato in un periodo dove i moti di emancipazione della donna nel paese del Sol Levante, vivevano un periodo di grande fermento. Candy viveva da sola ed è rimasta sospesa per tutta la sua storia tra i suoi due amori storici Terence ed Albert le cui preferenze finivano per dividere anche gli spettatori ed il cui confronto non è stato volutamente risolto con il finale della serie…
Il clamoroso ed immediato successo di quel manga portò la Toei Animation, colosso della animazione nipponica che stava dietro a moltissimi dei grandi successi televisivi del genere – dal “capostipite” Goldrake al Grande Mazinga, da Jeeg Robot a Capitan Harlock – a tentarne una fortunata trasposizione a cartone animato. La realizzazione fu affidata a Shunichi Yukimuro: il primo dei 115 episodi realizzati fu trasmesso per la prima volta il 1° ottobre 1976 sul canale Asahi TV. Fu il 1980 l’anno dell’arrivo in Italia, curiosamente l’unico paese dove, seppur molti anni dopo nel 2014, il romanzo originale di Kyoko Mizuky è stato tradotto dalla finora unica edizione giapponese esistente. Fu nel 1982 che Candy Candy, trasmesso con il titolo originale fino al 1989 quando fu rieditato come “Dolce Candy” e con qualche modifica nei nomi dei personaggi e nei testi, finì sulle reti Mediaset diventando un vero e proprio cult. Agli episodi della serie si aggiunsero anche tre film animati, anch’essi scomparsi dalla circolazione a seguito delle diatribe legali fra le creatrici di Candy. Che purtroppo, non sono finite lasciando gli appassionati di Candy la sola possibilità dei ricordi, supportati degnamente da Youtube…
Photo Credit: Alexdevil
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