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Antoni Gaudì: 90 anni fa moriva il Genio della Sagrada Familia

10 giugno 1926, esattamente 90 anni fa. All’Ospedale della Santa Croce di Barcellona, quello “dei poveri” cui era stato trasportato senza che fosse riconosciuto, moriva Antoni Gaudì, uno dei più straordinari, ineguagliati e poliedrici geni artistici del XX secolo, un uomo capace di rivoluzionare il modo di fare architettura secondo canoni tuttora ineguagliati ed originali. Tre giorni prima era stato investito da un tram durante il quotidiano tragitto che compiva dalla sua casa, all’interno del cantiere della Sagrada Familia suo unico lavoro da ormai molti anni, e la piccola chiesa dedicata a San Filippo Neri in cui, ogni sera, incontrava il suo padre spirituale.

Pochi artisti hanno saputo immedesimarsi nella propria terra, la Catalunya, come il genio di Réus: le sue incredibili opere costruite per i più facoltosi esponenti della brulicante borghesia catalana di inizio ‘900 – i vari Battlò, Milà e Calvet – e soprattutto per il suo mecenate principale, il conte-imprenditore tessile Eusebi Guell, sono talmente straordinarie da restare ancora oggi qualcosa di unico, meta di milioni di persone. Come la Sagrada Familia, un capolavoro costruito con tecniche innovative ed uniche ma affondato nella storia e nella tradizione secondo gli stessi principi dei costruttori delle cattedrali medioevali, per cui “quello che non si vede è fatto con la medesima perfezione di quello che si vede”…

Santo e avanguardista

[dup_immagine align=”alignleft” id=”208506″]Gaudì è uno dei principali simboli dell’orgoglio catalano ed è, forse, il più discusso e controverso architetto della storia. Di lui si è detto e scritto di tutto: chi lo definisce avanguardista, modernista, istrionico, perfino massone e alchimista. Ma sono definizioni restrittive e, spesso, distorte.

In realtà la sua modalità di costruire affonda semplicemente le radici in alcuni capisaldi che non tradirà mai: l’appartenenza alla sua terra, da cui trae le idee per l’uso della luce e del colore e da cui attinge le basi per la sua propensione alla decorazione; la maestria della sua tradizione familiare di calderai, da cui mutuerà la consuetudine di non “disegnare” i suoi progetti, ma di dare loro forma con modelli in gesso esattamente come vedeva da bambino fare dalle mani di suo padre a partire da una lastra di rame; l’amore per la Natura che lo ha portato a rifiutare le forme cubiche del razionalismo e a costruire secondo la “geometria vera del Creato” e, soprattutto, la sua profonda ed incrollabile fede cristiana – spesso osteggiata dalla “critica” ufficiale – senza la quale non si comprende la straordinarietà della sua opera.

Di Antoni Gaudì, è il caso di ricordarlo, è aperta la causa di beatificazione che ha terminato il suo “iter” diocesano ed è ora nella fase di “verifica” da parte della Congregazione per le Cause dei Santi in Vaticano.

Un uomo straordinario nel senso letterale della parola

Gaudì nacque a Réus, un piccolo paesino sul mare nei pressi di Barcellona, il 25 giugno 1862. La sua salute cagionevole quando era bambino gli impediva spesso di giocare con i suoi coetanei, cosa che lo indusse a passare lungo tempo ad osservare la natura, i colori e le forme di quanto aveva intorno. Fu un elemento fondamentale nella sua formazione successiva.

Arrivò a Barcellona per studiare architettura nel 1869 affermandosi in breve tempo come uno dei più fantasiosi ed apprezzati progettisti della città, subito conteso dalle facoltose famiglie che gli commissionarono le sue grandi opere civili. Due furono i momenti chiave della sua vita a Barcellona: l’incontro con il suo mecenate Eusebi Guell e la nomina, nel 1883, a soli 31 anni, alla direzione dei lavori della costruzione del Tempio Espiatorio della Sagrada Familia. La sua solida fede, che attenuò con il tempo i furori giovanili, era però viva fin dall’inizio, come testimoniato dalle sue opere religiose che sempre hanno accompagnato quelle civili: dal non realizzato progetto di restauro del monastero di Poblet al Collegio delle Teresiane di Barcellona o alla cripta della Colonia Guell a Santa Coloma de Cervelò.

Dal 1914 lasciò ogni incarico e si dedicò esclusivamente alla sua cattedrale, la Sagrada Familia. Una costruzione che sapeva che non avrebbe potuto vedere terminata. Da allora visse nel cantiere, in assoluta povertà ed arrivò a chiedere l’elemosina per le strade di Barcellona quando i soldi per la continuazione della costruzione scarseggiavano. Forse la più bella e sintetica definizione della sua opera fu quella che il Nunzio Apostolico in Spagna, il futuro cardinale Francesco Ragonesi, si lasciò scappare quando ebbe lo straordinario privilegio di visitare il cantiere, ancora agli inizi, accompagnato dallo stesso Gaudì: entusiasmato da quanto aveva visto gli disse: “Lei è il Dante dell’Architettura”. Non si può dire meglio in poche parole.


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Photo Credit: Bernard Gagnon

 

Anna Invernizzi

Classe 1972, cinque figli e una vita intensa. Laureata in Economia, impiegata, scrivo per passione su tutto quello che mi interessa. In particolare creo contenuti a tema cucina e lifestyle.

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Anna Invernizzi

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