Claudia Buccellati, lodigiana, ha un posto di tutto riguardo nell’ imprenditoria italiana: per trent’anni ha curato il marketing ed è stata membro del Consiglio di Amministrazione della Mario Buccellati, prestigioso luxury-brand fondato nel 1919 da suo suocero Mario con la storica gioielleria ad un passo del Teatro alla Scala e che, dal 1961, si è trasferita nel cuore della Milano più glamour: Via Montenapoleone. Socia del portale MontenapoleoneWeb.com, laureata in lettere antiche all’Università Statale nel capoluogo lombardo, la Buccellati entra nell’azienda appartenente alla famiglia di suo marito Lorenzo nel 1977 e dal 1982 è amministratore unico della Mario Buccellati Diffusion, da lei fondata. Dal 2011 ha intrapreso una attività di consulenza in proprio, coltivando in contemporanea un ampio e diffuso impegno in ambito sociale, assistenziale e civico. Ma soprattutto è stata per oltre vent’anni presidente dell’Associazione Via Montenapoleone. Ecco perché conosce questo fascinoso ed iconico angolo di Milano come nessun altro.
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Curiosità, aneddoti, storie “dimenticate”, perdute nella polvere delle biblioteche o in angoli della memoria quasi cancellati dal tempo: è attraverso la riscoperta di queste “nuove-vecchie” storie che Claudia Buccellati vuole portare i suoi lettori a riassaporare i gusti ed i luoghi di una Milano che sta scomparendo, ma che racchiude suggestive ed affascinanti episodi in ogni suo storico cantone. Raccontare Milano, dunque, a partire da ciò che si vede: le strade, i palazzi, le scale, i marciapiedi. E come non cominciare quindi da Via Montenapoleone? Proprio da qui, partendo da Piazza Matteotti e proseguendo verso via Manzoni, l’ex–regina del gioiello ci conduce alla ricerca delle tracce della Milano che fu…
[dup_immagine align=”alignright” id=”13889″]Eccoci nella notissima via “del lusso”, dunque. E la passeggiata con la Buccellati inizia numero civico per numero civico: all’1, oggi non più esistente, visse e morì Tommaso Grossi, notaio, poeta e scrittore, mentre di fronte, nel neoclassico Palazzo Taverna al numero 2, abitò e morì nel 1821 il più grande poeta milanese, Carlo Porta e nel 1901 il re Vittorio Emanuele vi inaugurò la prima sede dell’Automobil Club Italiano. Al 12 troviamo Palazzo Marliani, una costruzione dalla storia assai particolare: considerata una delle residenze più sfarzose della città nel XVII secolo e completamente restaurata dal grande architetto Giuseppe Piermarini, nel ‘900 fu completamente rivoluzionata da un altro architetto che di nome faceva Balossi per diventare sede della Reale Compagnia di Assicurazione. Il risultato non fu particolarmente apprezzato concittadini del Balossi e a Milano cominciarono a girare varie storielle che giocavano sul nome del povero architetto e sul termine dialettale “baloss“, che non era certo un complimento e suonava più o meno come “canaglia”. E ancora, Palazzo Gavazzi al numero [dup_immagine align=”alignleft” id=”13900″]23 dalle originali “smussature” degli angoli create nell’800 per permettere il passaggio dei tram a cavallo che dal Duomo portavano alla Stazione. E poi, Palazzo Melzi e la Canonica di San Francesco di Paola, ex-convento soppresso nel 1804 e trasformato in chiesa parrocchiale in cui un grande organo di sessanta elementi campeggia sul coro in legno: un organo ben conosciuto anche da Giuseppe Verdi, che pare proprio lì abbia composto il Nabucco, oltre che “rilassarsi” suonando qualcuna delle sue melodie prima di ritornare di nascosto dai suoi fans, nel suo hotel di via Manzoni…
Photo Credit: Darkensiva; Mone Temoe
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