Il divorzio è una delle esperienze più difficili e dolorose che una persona possa affrontare nella vita. Si tratta di una perdita profonda, che comporta non solo la fine di una relazione, ma anche il cambiamento di molte abitudini, aspettative e progetti.
Può scatenare una serie di emozioni negative, che spesso seguono un percorso simile a quello del lutto per la morte di una persona cara. Questo percorso è stato descritto già nel 1969 dalla psichiatra Elisabeth Kübler-Ross nel suo libro On Death and Dying, e prevede cinque fasi: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione. Queste fasi non sono necessariamente lineari, né hanno una durata precisa, ma possono aiutare a comprendere e gestire il processo di guarigione dopo un divorzio.
La prima reazione di fronte alla notizia del divorzio, o alla consapevolezza che il matrimonio è finito, è la negazione. Si tratta di un meccanismo di difesa, che serve a proteggere la mente dallo shock e dal dolore. La persona nega la realtà, spera che sia tutto un errore, che il partner cambi idea, che si possa tornare indietro.
La negazione può manifestarsi con frasi come: “Non è possibile, non può succedere a me“, “Sono sicura che si tratta solo di una crisi passeggera”, “Non voglio sentire parlare di divorzio, siamo ancora sposati”. La negazione può essere utile in una fase iniziale, per dare il tempo di elaborare l’informazione, ma se si protrae troppo può impedire di affrontare la situazione e di cercare soluzioni.
La rabbia è la seconda fase del lutto, che emerge quando la negazione non regge più. La persona si rende conto che il divorzio è reale, e prova un forte senso di ingiustizia, di frustrazione, di risentimento verso il partner, verso se stessa, verso il destino.
La rabbia può manifestarsi con frasi come: “Come ha potuto farmi questo?“, “Non merita il mio amore, è un egoista, un bugiardo, un traditore”, “Non gli perdonerò mai, gli farò pagare tutto”. La rabbia può essere un’emozione sana, che aiuta a liberarsi della sofferenza, a esprimere i propri sentimenti, a difendere i propri diritti.
Tuttavia, se la rabbia diventa eccessiva, violenta, distruttiva, può danneggiare la persona stessa, il partner, i figli, le relazioni sociali. Inoltre, la rabbia può nascondere altre emozioni, come la paura, la tristezza, il senso di colpa, che vanno riconosciute e affrontate.
La terza fase del lutto, o del dolore per un divorzio, è la contrattazione. Si verifica quando la persona cerca di evitare o ritardare il divorzio, proponendo al partner delle condizioni, dei compromessi, delle promesse. Si tratta di un tentativo disperato di salvare il matrimonio, di recuperare il controllo, di riparare gli errori.
La contrattazione può manifestarsi con frasi come: “Se mi dai un’altra possibilità, ti giuro che cambierò“, “Se andiamo in terapia di coppia, potremo risolvere i nostri problemi”, “Se mi lasci, non sarai mai felice, ti pentirai”. Può essere una fase utile, se serve a chiarire le ragioni del divorzio, a comunicare in modo costruttivo, a trovare un accordo equo. Tuttavia, se la contrattazione si basa su illusioni, manipolazioni, minacce, può essere dannosa, perché prolunga la sofferenza, alimenta le false speranze, ostacola la separazione.
La depressione è la quarta fase del lutto, che si manifesta quando la persona si rende conto che il divorzio è inevitabile, e che non c’è nulla da fare per evitarlo. Si tratta di una fase di profonda tristezza, di vuoto, di solitudine, di disperazione. La persona perde interesse per la vita, si sente inutile, colpevole, impotente, senza futuro. La depressione può manifestarsi con frasi come: “Non ha più senso vivere, non ho più nulla“, “Sono stata una pessima moglie, non merito l’amore di nessuno”, “Non ce la farò mai, non riuscirò a superare questa prova”.
Si tratta di una fase normale, che fa parte del processo di elaborazione del lutto, e che serve a esprimere il dolore, a piangere la perdita, a lasciar andare il passato. Tuttavia, se la depressione diventa cronica, severa, invalidante, può richiedere l’aiuto di uno specialista, che possa offrire un sostegno psicologico, farmacologico, o entrambi.
La quinta e ultima fase è quella dell’accettazione, che si raggiunge quando la persona accetta la realtà del divorzio, e si apre alla possibilità di una nuova vita. Si tratta di una fase di serenità, di equilibrio, di speranza. La persona riconosce il valore di ciò che è stato, ma anche di ciò che può essere. Si prende cura di sé, dei propri bisogni, dei propri interessi, dei propri obiettivi, e si relaziona con il partner in modo civile, rispettoso, collaborativo.
L’accettazione può manifestarsi con frasi come: “Il divorzio è stato doloroso, ma mi ha fatto crescere“, “Non provo più rancore, ma gratitudine per il tempo che abbiamo condiviso”, “Sono pronta a ricominciare, a scoprire nuove opportunità”. Non significa dimenticare, né essere felici, ma fare pace con il passato, vivere il presente e progettare il futuro.
Foto copertina: Unsplash
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