La tiroide è uno dei centri di “regolazione” più importanti dell’organismo, oggetto di attenzione e di studio fin dagli albori della scienza medica che da sempre ne ha intuito l’influenza sul buon “funzionamento” di notevoli porzioni del nostro organismo. Si tratta di una ghiandola a forma di H – o, più romanticamente, di farfalla, posta alla base del collo e che produce fondamentalmente due sostanze di notevolissima importanza: gli ormoni tiroidei T3 e T4, più comunemente noti come tiroxina, e la calcitonina, sostanza preposta alla regolazione dei livelli di calcio nel sangue.
L’ipotiroidismo è quindi, assai semplicemente, uno stato in cui la tiroide, per motivi che possono essere assolutamente diversi fra loro e originati sia nella tiroide stessa sia nella sequenza di “elementi” a essa contigui nella catena metabolica, non riesce a produrre in maniera sufficientemente adeguata le sostanze ormonali che normalmente sintetizza. I disturbi alla tiroide sono abbastanza frequenti e tendono ad aumentare con l’età la propria incidenza: possono essere, come è facile immaginare, di diversa gravità che può dipendere sia dalla causa scatenante cui discendono e da quanto questa sia incidente sulle funzioni dell’organismo, sia dall’età in cui si manifestano.
Come riconoscere l’ipotiroidismo: i sintomi
Ipotiroidismo: cause e classificazioni scientifiche
Data la vastità e la varietà dei possibili sintomi, spesso la diagnosi di ipotiroidismo non è immediata: dal punto di vista medico, tuttavia, è sufficiente un semplice esame del sangue focalizzato al controllo del livello degli ormoni T3 e T4 e dei connessi valori ematici TSH per inquadrare con ragionevole certezza quello che può essere un sospetto. Se in linea generale, cioè considerando tutte le fasce di età, la carenza tiroidea colpisce in diversa misura una fascia di popolazione oscillante tra lo 0,5 e l’1% del totale, è un fatto accertato che i casi nelle donne siano nettamente più frequenti rispetto a quelli negli uomini, cosa che fa dell’ipotiroidismo un problema tipicamente femminile.
La medicina tende a individuare tre “tipologie” di cause che portano all’ipotiroidismo che vengono generalmente definite primarie, secondarie e terziarie. Quelle primarie sono legate direttamente alla funzionalità della tiroide stessa, sia per problemi “fisici”, come una malformazione congenita o un suo sviluppo non completo, che “chimici” come la incapacità di sintetizzare quantità normali di ormoni. Sono invece secondarie e terziarie le cause derivanti dal cattivo funzionamento di altre due ghiandole, l’ipofisi e l’ipotalamo, le cui secrezioni sono in grado di influire pesantemente sulla funzionalità della tiroide e sulla sua capacità di “veicolare” nel copro i suoi “prodotti. Noto è infine il fatto che un cattivo funzionamento delle funzioni della tiroide sia legata a una carenza, congenita o contingente, dello iodio, minerale la cui presenza in quantità adeguate nell’organismo è fondamentale per assicurare le normali funzionalità della ghiandola e la cui regolazione è in genere il primo elemento con cui affrontare un problema tiroideo.
Affrontare l’ipotiroidismo: importanza del controllo medico
Come tutte le malattie di carattere metabolico, anche l’ipotiroidismo richiede una attenzione notevole sia per la delicatezza delle conseguenze che ha, sia perché ogni tentativo di limitarne scompensi e alterazioni deve essere attentamente valutata perché può portarne altre in “diversi” ambiti rispetto a quello primariamente monitorato. Si tratta, in poche parole, di un equilibrio delicato che va recuperato, ove possibile, con calma e con un percorso terapeutico che richiede una costante attenzione. In genere, l’approccio è quello di un recupero, in prima istanza, delle funzionalità della tiroide, attraverso farmaci specifici e, se necessario, l’integrazione alla produzione carente di tiroxina assumendola per via orale. In genere è buona norma affrontare anche, se presenti, i sintomi “collaterali” dell’ipotiroidismo, come possono essere la costipazione o l’anemia, con interventi specifici, sempre rigorosamente seguiti dallo specialista medico. Inoltre è necessario mettere a punto un percorso nutrizionale che favorisca abitudini alimentari, con particolare attenzione alle fibre, in grado di contrastare le difficoltà digestive e intestinali che tradizionalmente accompagnano la problematica principale e di integrare il fabbisogno di iodio. A questo scopo sono utilissimi alimenti quali il latte vaccino o il pesce azzurro (approfondisci altre proprietà del pesce azzurro e non solo), mentre per lo stesso motivo sono da evitare i consumi di alimenti che incrementano la necessità di iodio quali rape e cavolfiori.