Le 10 poesie più belle per la Festa della Mamma

Un viaggio attraverso le poesie d'autore, per bambini e non. Lasciamoci ispirare dai poeti che hanno parlato della propria mamma.

12/05/2023

Come l’amore, la passione, l’odio e la guerra, la mamma è da sempre stato uno dei temi più cari per gli artisti di tutto il mondo, in special modo per gli artisti della penna. Poeti e scrittori hanno spesso scritto rivolgendosi alle loro madri, oppure le hanno racchiuse in struggenti e sentitissimi versi sotto la più alta forma della poesia.

Le possibili citazioni sono innumerevoli. Noi, umilmente e senza alcun tentativo di essere esaustivi, ne abbiamo scelte dieci, fra le più belle e significative, scritte da dieci grandissimi nomi della poesia di tutti i tempi, da DanteUngaretti, da Quasimodo a Pasolini. Un omaggio a tutte le mamme in occasione della loro festa.

Festa della mamma lavoretti creativi         

Ada Negri

Scrittrice ed insegnante, Ada Negri è considerata una delle più grandi potesse italiane di sempre. Nata a Lodi nel 1870, morì a Milano nel 1945 dopo una avventurosa vita dalle mille sfaccettature: colta e popolare, socialista  e patriottica, dipinta come vicina al regime ma in realtà sempre profonda e tormentata, fino alla conversione negli ultimi anni della sua vita. Una vera donna dal suo tempo.

La mamma

La mamma non è più giovane
e ha già molti capelli
grigi: ma la sua voce è squillante
di ragazzetta e tutto in lei è chiaro
ed energico: il passo, il movimento,
lo sguardo, la parola


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Rainer Maria Rilke

Poeta, narratore e drammaturgo austriaco ma di origine boema, Rainer Maria Rilke nacque a Praga nel 1875 ed è considerato il più importante autore di lingua tedesca del XX secolo. Fu un grande viaggiatore passando periodi della sua vita a Vienna, Monaco, Parigi, Mosca e perfino in Scandinmavia. Nel 1906 rimase per quasi un anno in Italia, fra Capri e Napoli e tornò nel nostro paese per un lungo viaggio cinque anni più tardi prima di stabilirsi in Svizzera dove morì, a Montreux nel 1926.

Le Mani della Madre

Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare in te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

Edmondo De Amicis

Edmondo De Amicis (Oneglia, 1846 – Bordighera 1908) è stato soldato, giornalista, insegnante e pedagogo e, naturalmente, scrittore. La sua fama è legata soprattutto a Cuore, il celebre libro per ragazzi, ma egli fu anche poeta, pubblicando una raccolta di suoi componimenti nel 1881, di cui fa parte questa struggente dichiarazione d’amore alla mamma.

A Mia Madre

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessant’anni e più la guardo
e più mi sembra bella.
Non ha un accento, un guardo, un riso
che non mi tocchi dolcemente il cuore.
Ah se fossi pittore, farei tutta la vita
il suo ritratto.
Vorrei ritrarla quando inchina il viso
perch’io le baci la sua treccia bianca
e quando inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
Ah se fosse un mio prego in cielo accolto
non chiederei al gran pittore d’Urbino
il pennello divino per coronar di gloria
il suo bel volto.
Vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei
Vorrei veder me vecchio e lei…
dal sacrificio mio ringiovanita!

Victor Hugo

È considerato il “Manzonifrancese, uno dei più grandi scrittori europei dell’era moderna. Ma fu molto di più: poeta, saggista, politico, drammaturgo, attivista per i diritti umani e pittore. Victor Hugo fu un grande protagonista del XIX secolo (nacque a Besançon nel 1802 e morì a Parigi nel 1885), ricordato soprattutto per quel grandissimo spaccato della società del tempo che fu I Miserabili, il suo capolavoro. Ha però una predilezione personale della poesia, cominciando a comporre fin da giovanissimo e “fondando” poi il romanticismo francese.


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La madre

La madre è un angelo che ci guarda
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita, il nostro capo
fra le sue ginocchia, la nostra anima
nel suo cuore: ci dà il suo latte quando
siamo piccini, il suo pane quando
siamo grandi e la sua vita sempre.

Giuseppe Ungaretti

Ungaretti è uno dei più noti e originali poeti italiani, impresso nella mente di tutti per la sua estrema sintesi e la capacità di esprimere immagini e concetti profondi ed intensi con poche pennellate di parole. Nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1988 e morì a Milano nel 1970: centro della sua poesia l’esperienza della guerra che lo segnò profondamente, ma non gli impedì di scrivere questo intenso ricordo di sua madre.

La madre

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Frasi per una figlia da una mamma

Pier Paolo Pasolini

Personalità fra le più complesse e discusse dell’Italia del secolo scorso, Pier Paolo Pasolini è senza dubbio però anche una della più geniali, profonde e versatili figure della cultura e dell’arte del nostro paese, che segnò in maniera profonda. Di origini bolognesi, morì in circostanze tragiche e misteriose sul Lido di Ostia nel 1975, a 53 anni. Tra i vari talenti, quello di poeta e scrittore.

Supplica a Mia Madre

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Dante Alighieri

Il Sommo Poeta non poteva mancare in questa rassegna: l’umo che è per la poesia e della lingua italiana uno spartiacque fra il “prima di lui” e il “dopo di lui”. E non poteva mancare nella rassegna, quel sublime, geniale, incredibile inno alla bellezza della madre – quella Madre Celeste che racchiude la figura di tutte le madri del mondo – che è la celebre sequenza di endecasillabi contenuta nel Paradiso.

Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti si’, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si riaccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar senz’ali.

Eugenio Montale

Nato a Genova nel 1896, Eugenio Montale fu poeta, scrittore e critico musicale e fu una delle figure più importanti nel panorama culturale italiano, tanto da essere nominato senatore a vita nel 1961. FU soprattutto il grandissimo poeta del “più in là”, l’uomo alla ricerca del significato dietro a ciascuna delle cose esistenti. Fu Premio Nobel per la letteratura nel 1975 e morì a Milano nel 1981.

A mia madre

Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce nel sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un’ombra la spoglia
(e non è un’ombra,
o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto d’una
vita che non è un’altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell’eliso
folto d’anime e voci in cui tu vivi;
e la domanda che tu lasci è anch’essa
un gesto tuo, all’ombra delle croci.

Salvatore Quasimodo

Dopo Montale ed Ungaretti, non poteva non essere presente in questa rassegna parzialissima e priva di pretese anche Salvatore Quasimodo, l’altro grande classico della poesia italiana del novecento. Uomo e voce del sud, nacque infatti a Modica, in provincia di Ragusa nel  1901 vinse a sua volta il Premio Nobel nel 1959. Morì a Napoli nel 1968.

Lettera Alla Madre

Mater dolcissima, ora scendono le nebbie, il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve; non sono triste nel Nord:
non sono in pace con me, ma non aspetto perdono da nessuno,
molti mi devono lacrime da uomo a uomo.
So che non stai bene, che vivi come tutte le madri dei poeti,
povera e giusta nella misura d’amore per i figli lontani.
Oggi sono io che ti scrivo:
Finalmente, dirai, due parole di quel ragazzo che fuggì di notte
con un mantello corto e alcuni versi in tasca.
Povero, così pronto di cuore lo uccideranno un giorno in qualche luogo.
Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo di treni lenti che
portavano mandorle
e arance, alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze, di sale,
d’eucalyptus.
Ma ora ti ringrazio, questo voglio, ell’ironia che hai messo sul  mio labbro,
mite come la tua. Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te, per tutti quelli  che come te
aspettano, e non sanno che cosa.
Ah, gentile morte, non toccare l’orologio in cucina che batte
sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto del suo quadrante,
su quei fiori dipinti: non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde?
O morte di pietà, morte di pudore.
Addio, cara, addio, mia dolcissima Mater.

Umberto Saba

Dalla Sicilia a Trieste per incontrare il nostro ultimo personaggio: Umberto Saba, poeta e scrittore nato nella città storica città giuliana, allora facente parte dell’Impero Austro-Ungarico, nel 1883. Fu il poeta della quotidianità con uno stile essenziale, semplice e chiaro. Parlava veramente a tutti. Come fece a sua madre in questa bella poesia

Preghiera alla madre

Madre che ho fatto
soffrire
(cantava un merlo alla finestra, il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io mi invocavo)
madre
ieri in tomba obliata, oggi rinata
presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’ acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’ anima fanciulla,
inebriatasi del tuo mesto viso,
sì che l’ ali vi perda come al lume
una farfalla. È un sogno
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
— ho tanta
gioia e tanta stanchezza! —
farmi, o madre,
come una macchia della terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.

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